Comunità energetiche rinnovabili: caratteristiche e forma giuridica
Premessa
L’impulso del Legislatore alla diffusione di fonti di energia rinnovabile e di modalità di consumo mirate all’efficienza energetica deriva sia da esigenze di ripresa economica post-pandemia, sia, e soprattutto, dalla necessità di fronteggiare le indifferibili sfide climatiche.
In tale contesto, uno strumento di primo piano nella transizione energetica è rappresentato dalle Comunità energetiche rinnovabili (CER), quale mezzo di promozione dell’autoconsumo energetico e dell’energia pulita.
Le CER possono produrre e condividere l’energia elettrica da fonti rinnovabili ed esercitare in modo istituzionalizzato una serie articolata di attività, il cui obiettivo finale è quello di fornire, alla comunità e all’area locale in cui operano, benefici di tipo economico, sociale e ambientale.
L’interesse suscitato dall’istituto è dovuto ai correlati vantaggi di natura economica, essendo previsti incentivi sull’energia autoconsumata (principalmente sotto forma di tariffa incentivante sull’energia prodotta da FER e autoconsumata virtualmente dai suoi membri, riconosciuta dal GSE), nonché corrispettivi di valorizzazione per l’energia autoconsumata.
La disciplina delle CER trova fondamento nella Direttiva UE 2018/2001 (Direttiva RED II) sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che ha introdotto modelli organizzativi innovativi, caratterizzati dal decentramento decisionale e operativo diretto a fornire benefici alle realtà locali.
A livello nazionale, possono menzionarsi, in particolare, l’art. 42-bis (“Autoconsumo da fonti rinnovabili”) del D.L. 30.12.2019 n. 162 e l’art. 31, D.Lgs. 8.11.2021 n. 199, che, nello specifico, stabilisce condizioni e modalità al ricorrere delle quali i clienti finali hanno il diritto di organizzarsi in forma di CER.
La particolare attualità della fattispecie in questione è confermata dalla recente pubblicazione del Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 7 dicembre 2023, n. 414 (c.d. Decreto CER), con cui si disciplinano le modalità di incentivazione in conto esercizio (tariffa incentivante) dell’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile e, inoltre, si definiscono criteri e modalità per la concessione dei contributi in conto capitale previsti dal PNRR.
Quale novità si segnala che il Ministero ha approvato, con decreto direttoriale del 23 febbraio 2024, le Regole Operative, elaborate e trasmesse dal GSE S.p.A. ai sensi dell’art. 11 del citato D.M. e dell’art. 11 dell’Allegato A alla delibera 727/2022/R/eel di ARERA (TIAD), sulle procedure per l’accesso alle tariffe incentivanti e ai contributi in conto capitale previsti dal PNRR.
Caratteristiche tipiche
Le caratteristiche essenziali della CER, come fissate dalla normativa di riferimento influiscono sull’individuazione delle forme giuridiche ammissibili per la sua costituzione.
Invero, la CER è un soggetto giuridico autonomo rispetto ai suoi partecipanti; a differenza di quanto avviene nel modello dell’autoconsumo collettivo (AUC). Si tratta, infatti, di un organismo che riunisce cittadini, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, ecc., i quali condividono l’energia elettrica rinnovabile prodotta da impianti nella disponibilità di uno o più soggetti associati alla comunità stessa.
La CER denota alcuni tratti tipici, fra i quali rilevano, in particolare, i seguenti:
- l’obiettivo principale è di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri membri e ai territori, e non realizzare “profitti finanziari”;
- i partecipanti possono essere: produttori di energia rinnovabile, autoconsumatori di energia rinnovabile, consumatori di energia elettrica – compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili – e prosumer;
- i poteri di controllo spettano a persone fisiche, PMI, associazioni con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco ISTAT, che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione;
- le grandi imprese non possono essere membri di una CER, mentre per le PMI la partecipazione alla CER non può costituire l’attività commerciale e industriale principale: come chiarito dalle Regole Operative del GSE; è necessario che il codice ATECO prevalente dell’impresa sia diverso dai codici 35.11.00 e 35.14.00;
- l’impianto o gli impianti di produzione da energia rinnovabile (FER) non devono essere necessariamente di proprietà della CER, ma almeno devono essere nella sua disponibilità mediante un titolo giuridico.
Un dato centrale nella disciplina della CER è il principio della partecipazione volontaria e aperta: la partecipazione alla CER è un diritto di tutti i clienti finali e le relative condizioni e procedure di ammissione devono essere non ingiustificate e non discriminatorie. Come affermato, la struttura a “porte aperte” è tale da comportare un notevole valore aggiunto in termini di diffusione delle fonti di produzione a livello locale e di accesso a capitali privati aggiuntivi, con un incremento degli investimenti sul territorio, delle possibilità di scelta per i consumatori, nonché di una maggiore partecipazione dei cittadini alla transizione energetica (Corte dei conti, Sez. controllo Toscana, n. 77/2023).
Il principio di cui sopra implica, altresì, che i membri possano recedere in ogni momento, fermi restando eventuali corrispettivi concordati in caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti sostenuti, che devono risultare equi e proporzionati.
Al tempo stesso, i partecipanti alla CER, siano essi consumatori finali di energia elettrica o autoconsumatori, mantengono i loro diritti di clienti finali, compreso quello di scelta del fornitore di energia elettrica
Introduzione ai modelli giuridici
Il Legislatore non indica espressamente la veste giuridica da attribuire alla CER quale soggetto giuridico autonomo, lasciando “libertà di forme”.
La scelta del modello incontra, tuttavia, un importante limite: la CER non deve avere lo scopo di lucro come scopo principale; il che determina la restrizione del campo di indagine al di fuori del terreno delle società di persone e delle società di capitali (caratterizzate, per natura, dal prevalente perseguimento dello scopo di lucro)
La varietà di tipologie ammissibili è confermata dalle recenti F.A.Q. pubblicate sul sito istituzionale del MASE, secondo cui è “necessario costituire legalmente la CER, sotto forma di associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, organizzazione senza scopo di lucro etc, ossia dotare la CER di una propria autonomia giuridica attraverso una qualsiasi forma che ne garantisca la conformità con i principali obiettivi costitutivi”.
In definitiva, non pare sussistere un modello in assoluto valido per tutte le situazioni concrete. La scelta della forma giuridica può dipendere da una serie di fattori, quali la tipologia di attività che intende realizzare la futura CER; la dimensione e la rilevanza economico-finanziaria delle attività che si vorranno svolgere; la natura dei soggetti promotori dell’iniziativa (ad esempio, nel caso di P.A. l’eventuale costituzione in forma societaria intercetta l’osservanza del D.Lgs. 175/2016).
Si segnala, infine, le nuove Regole Operative del GSE (v. par. 1.2.2.2) fissano alcuni requisiti essenziali e comuni dello statuto della CER, che appaiono trasversali ad ogni modello:
- l’oggetto sociale prevalente è quello di perseguire benefìci ambientali, economici o sociali a livello di comunità, e non profitti finanziari;
- i poteri di controllo spettano ai membri/soci che siano persone fisiche, PMI, associazioni, enti territoriali o comunità locali, enti di ricerca e formazione, enti religiosi, del terzo settore, ecc.;
- la partecipazione deve essere aperta e volontaria;
- chi partecipa alla CER mantiene i diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio venditore;
- va garantito il diritto di recesso, fermi restando eventuali corrispettivi, equi e proporzionati, per la compartecipazione agli investimenti sostenuti;
- deve essere individuato un soggetto delegato responsabile del riparto dell’energia elettrica condivisa;
- l’eventuale importo di tariffa premio eccedentario (ai sensi dell’art. 3, c. 2, lett. g, D.M. 414/2023) sarà destinato ai soli consumatori diversi da imprese e/o a finalità sociali con ricadute sui territori.
Alla luce di quanto precede, visto il quadro normativo e le precisazioni da ultimo fornite dal GSE, si delinea un contesto proficuo per i soggetti interessati al fine di procedere concretamente, con l’ausilio di legali esperti nel settore, all’individuazione della forma giuridica di CER più adatta alle esigenze del caso specifico e alla redazione del relativo statuto.